IL COMMISSARIATO REGIONALE PER IL RIORDINAMENTO DEGLI USI  CIVICI  IN
 ABRUZZO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa demaniale iscritta
 al  n.  1  del  registro  generale  contenzioso civile dell'anno 1969
 vertente tra il comune di Civita d'Antino in persona del  sindaco  in
 carica  assistito  dall'avv.  Renato Simone del foro di Avezzano, via
 Sabatino n. 36, e l'Istituto diocesano per il sostentamento del clero
 di Sora, via 11 febbraio n. 3, in persona del  presidente  in  carica
 quale amministratore dei beni degli ex benefici parrocchiali di Santo
 Stefano  protomartire  e San Libano abate in Pero dei Santi di Civita
 d'Antino, contumace, nonche' Casalvieri Costantino, Di Curzio  Pietro
 in  proprio  e  quale  erede  della  madre  Di  Fabio Lucia; Di Fabio
 Gennarino quale erede di Di Fabio Cesidio; Di Fabio Erminia; Di Fabio
 Filoteo;  Tancredi  Rosa  e  Di  Cesare  Pietro  tutti  elettivamente
 domiciliati  presso  e  nello studio dell'avv. Giovanni Ciccarelli in
 Avezzano, via Emilia n. 14 come da mandato in atti.
   Oggetto: esecuzione sentenza  commissariale  in  data  1-18  aprile
 1988.
                        Svolgimento del processo
   A  seguito  della pubblicazione degli atti istruttori relativi alla
 sistemazione delle terre demaniali di uso civico nel comune di Civita
 d'Antino,  Cacciaglia  Mario  ed  altri  40   interessati   proposero
 opposizione  a questo commissario assumendo che i terreni da ciascuno
 di essi occupati non erano  gravati  da  diritti  di  usi  civici  e,
 quindi,  non avevano natura demaniale civica come ritenuto dal perito
 demaniale dott. ing. Mattino, bensi' si appartenevano loro quali beni
 allodiali.
   Instaurato il giudizio, fu disposta una consulenza tecnica, che non
 venne  pero'  espletata,  non  avendo  alcuna  delle   parti   inteso
 accollarsi l'onere di anticipare le spese al C.T.U. nominato, per cui
 il  commissario  con  sentenza in data 8-11 febbraio 1982, sulla base
 delle risultanze degli  atti  compiuti  dall'ufficio  e  sul  rilievo
 dell'inesistenza  della  prova  della  vantata allodialita' dei fondi
 rigetto' le opposizioni ed ordino' la reintegra al  comune  anzidetto
 dei  terreni  abusivamente  occupati  dagli opponenti, che condanno',
 pertanto,   al   loro   rilascio   nella   disponibilita'   dell'ente
 territoriale su accennato.
   Proposto  reclamo da taluno dei soccombenti, la Corte di appello di
 Roma, sezione speciale per gli usi civici con sentenza  16  maggio-17
 giugno  1985, in accoglimento del gravame, rimise la causa al giudice
 a quo, perche' fosse espletata la  consulenza  tecnica  a  suo  tempo
 disposta.
   A  tanto  provvide il commissario che all'esito degli accertamenti,
 con sentenza in data 1-18 aprile 1988 dichiaro' di  natura  demaniale
 civica  universale  tutti  i  terreni  occupati  dagli  opponenti nei
 comprensori  denominati  "Montagna"  "Le  Lanne"  e  "Mola   Vecchia"
 descritti  nello  stato  degli  abusivi occupatori redatto dal perito
 ing. Mattina nel 1957, per cui, rigettate le opposizioni, ne  ordino'
 la  reintegra al comune di Civita d'Antino riservandosi di provvedere
 nella competente sede  sulle  richieste,  avanzate  da  taluno  degli
 opponenti, di legittimazione dei terreni abusivamente occupati.
   Proposero  reclamo  Casalvieri  Costantino,  Di  Curzio Pietro e Di
 Fabio Lucia, quali eredi di Di Curzio Francesco; Di Fabio Cesidio, Di
 Fabio Eleonora e Di Fabio Erminia, quali eredi di Giovanni Di  Fabio;
 Di  Fabio  Filoteo, Di Fabio Grazia quale erede di Domenico Di Fabio;
 Di Fabio Olimpia, Giuliani Angelo, Tancredi Rosa e  Troiani  Serafina
 insistendo  per  l'accoglimento  delle  domande di legittimazione dei
 terreni da essi abusivamente occupati, a norma degli  artt.  9  e  10
 legge  n. 1766/1927 e l'adita Corte di appello con sentenza in data 7
 luglio17 dicembre 1992, n. 24,  ritenuto  che  la  giurisdizione  del
 commissario in ordine all'accertamento della qualitas soli viene meno
 se  nel  corso  del giudizio di primo grado e' avanzata la domanda di
 legittimazione  sulla  quale  e'  necessario   provvedere   in   sede
 amministrativa  a  norma  dell'art. 31 r.d. 26 febbraio 1928, n. 332;
 ritenuto,  altresi',  la  questione  rilevabile  d'ufficio  ai  sensi
 dell'art.   337   c.p.c.   e   che   la  pendenza  della  domanda  di
 legittimazione  era  ostativa   alla   pronuncia   sulla   reintegra,
 dichiaro',  la  nullita'  dell'impugnata sentenza e rimise gli atti a
 questo commissario perche' si pronunciasse sulle anzidette domande.
   Riassunto il giudizio innanzi  a  se',  anche  ai  fini  della  sua
 decisione  nei  confronti  degli  opponenti  che non avevano avanzato
 domanda di  concessione  di  siffatto  beneficio;  il  giudicante  si
 accingeva  a  procedere all'istruzione di tali domande allorquando la
 Corte suprema di cassazione a sezioni unite, con sentenza 10 dicembre
 1993, n. 12158, statuiva il principio che "a seguito dell'entrata  in
 vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977 che ha
 disposto  il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative
 anche in materia di usi civici, ivi  comprese  quelle  attribuite  al
 Ministero  dell'agricoltura  e  foreste  ed  al  commissario  per  il
 riordinamento  degli  usi  civici,  dalla  legge  n.  1766/1927,   le
 legittimazioni  previste  dall'art.  9 di tale legge relativamente al
 possesso di terreni gravati da usi civici sono state  sottratte  alla
 potesta'   commissariale,   ormai   non   piu'  attinente  all'ambito
 amministrativo  e  contenuta   nei   soli   limiti   della   funzione
 giurisdizionale  in ordine alle controversie riguardanti l'estensione
 e la natura dei diritti di cui all'art. 29 stessa legge".
   Sulla base di tale sentenza, il Ministero di grazia e giustizia, al
 quale sono state trasferite ai sensi dell'art.  5  legge  4  dicembre
 1993,  n.  491  le  competenze  in  materia di commissariati agli usi
 civici   esercitate   in   precedenza   dal    soppresso    Ministero
 dell'agricoltura  e  foreste,  ha  emanato  la  circolare  n. 05/1997
 indirizzata a tutti i commissariati agli usi civici, con la quale  ha
 individuato  nelle  regioni  l'autorita'  competente  ad  emettere  i
 provvedimenti di legittimazione in  parola  e  nel  citato  Ministero
 l'autorita'  competente  ad  approvarle, tenuto presente che ai sensi
 della legge n. 13/1991 il decreto deve essere  emanato  dal  Ministro
 dell'agricoltura in luogo del Capo dello Stato.
   All'udienza  del 19 settembre 1997 il giudicante trattenne la causa
 per la sentenza.
                         Motivi della decisione
   Va sollevata d'ufficio la questione di legittimita' costituzioniale
 dell'interpretazione data dalla Corte di cassazione con  la  sentenza
 n. 1258/1993 agli artt. 9 e 10 legge 16 giugno 1927, n. 1766, 29, 30,
 31  regolamento di esecuzione approvato con r.d. 26 febbraio 1928, n.
 332 e 66-71 decreto del Presidente della Repubblica n.  616/1977  per
 sospetta violazione degli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione.
   La  questione  e'  rilevante  perche'  se  fosse ritenuta legittima
 l'interpretazione su  richiamata  il  giudicante  dovrebbe  astenersi
 dall'istruire  e,  quindi,  dal  concedere  eventualmente  l'invocato
 beneficio,  e  trasmettere  le  domande  alla  regione  Abruzzo,   in
 esecuzione,  per  altro,  delle  direttive  emanate  con  la suddetta
 circolare.
   Essa, poi, non e' manifestamente infondata per motivi che seguono.
   Evidente  e'  in  primo  luogo  la  violazione  del  principio   di
 ragionevolezza di cui all'art. 3 Costituzione.
   Infatti il decidente dovrebbe alla stregua dell'anzidetto principio
 fatto   proprio  dal  Ministro  della  giustizia  con  la  richiamata
 circolare, rimettere tutte  le  domande  in  questione  alla  regione
 Abruzzo  che  per l'art. 5 legge regionale n. 25/1988 ha invece, solo
 il potere  di  concedere  l'intesa  per  la  legittimazione,  ma  non
 quest'ultima,  cosi'  abdicando  alle  sue competenze giurisdizionali
 previste dagli artt.  9-10  legge  n.  1766/1927;  29,  30,  31  reg.
 approvato  con  regio  decreto  n.  322/1928  e  66-71,  decreto  del
 Presidente  della  Repubblica  n.  616/1977   e   sottraendosi   alla
 statuizione  del  giudice  del  gravame il quale, come si e' di sopra
 esposto, ha rimesso gli atti al decidente proprio perche' si pronunci
 sulle istanze de quibus.
   In base al predetto  art.  66  penultimo  comma,  la  regione  deve
 soltanto   prestare  l'intesa  nel  procedimento  di  legittimazione,
 giacche' l'approvazione finale e' effettuata  con  decreto  del  Capo
 dello Stato (attualmente del Ministro di grazia e giustizia).
   Nel  quarto  comma  della  disposizione,  che  elenca  le  funzioni
 amministrative delegate alle regioni in materia di  usi  civici,  non
 compare il procedimento di legittimazione.
   Al contrario, il successivo art. 71, lett. i) ribadisce che sono di
 competenza   dello   Stato  le  funzioni  amministrative  concernenti
 l'approvazione delle legittimazioni sugli  usi  civici  di  cui  alla
 legge n. 1766/1927.
   L'art.  5  della  legge della regione Abruzzo n. 25 in data 3 marzo
 1988 suindicata, contenente norme in materia di usi civici e gestione
 delle terre  civiche,  prevede  unicamente  che  la  regione  conceda
 "l'intesa  per  la concessione della legittimazione" solo in presenza
 di un pubblico  interesse  e  sempre  che  concorrano  unitamente  le
 condizioni  di cui all'art. 9 legge n. 1766/1927 e non pure il potere
 di emettere il decreto di legittimazione,  come  pretende  il  citato
 Ministero   sulla  base  dell'interpretazione  data  dal  giudice  di
 legittimita' con la sentenza n. 12158/1993. In definitiva la  regione
 Abruzzo  acquisirebbe il potere di concedere le legittimazioni non in
 seguito ad una legge - che anzi la legge regionale teste'  citata  lo
 esclude   -   ma   in   base   ad   una  semplice  circolare  fondata
 sull'interpretazione   data   dalla    Cassazione    alle    suddette
 disposizioni, superata dalle successive pronunce.
   La  sentenza di sopra richiamata ignora completamente il parere del
 Consiglio di Stato sez. 2 del 16 dicembre 1987 n.  2525/1987  secondo
 cui  l'istruttoria  delle  istanze  compete  ai  commissari  agli usi
 civici,  giacche'  anche  dopo  il   trasferimento   delle   funzioni
 amministrative in materia di usi civici, sono rimaste attribuite alla
 competenza    statale    le   funzioni   amministrative   concernenti
 l'approvazione delle legittimazioni (art. 66,  settimo  comma  e  71,
 primo   comma,   lettti   decreto  del  Presidente  della  Repubblica
 anzidetto)  ivi  compreso  il  potere  di  adottare  l'ordinanza   di
 legittimazione  essendo  prevista  l'intesa  con  la regione soltanto
 nella fase conclusiva del procedimento  (parere  Cons.  di  Stato  11
 febbraio 1981, n. 1277/1979).
   Per  tali  funzioni, pertanto, continua ad essere operante la norma
 (art. 10 legge  n.  1766/1927)  la  quale  nell'ambito  dell'apparato
 statale,  individua  nel commissario l'organo competente a "concedere
 la legittimazione" dato che in materia di  legittimazione  permangono
 funzioni  amministrative  statali  come  si  desume  dalle suindicate
 disposizioni e dal fatto che le funzioni amministrative sottratte  al
 commissario sono solo quelle trasferite alle regioni (art. 66, quinto
 comma)  tra  le  quali  non  rientrano  per le ragioni gia' dette, le
 legittimazioni.
   La sentenza anzidetta fu coeva con quelle nn. 859,  860,  861,  862
 del  28 gennaio 1994 che avevano escluso la permanenza del potere del
 commissario di esercitare d'ufficio la propria giurisdizione, dopo il
 trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative previste dal
 primo comma dell'art. 29 legge n. 1766/1927.
   Senonche' la Corte costituzionale, con la nota sentenza n.  46  del
 20 febbraio 1995 ha dichiarato la illegittimita' del citato art.  29,
 secondo  comma,  nella  parte  in  cui  non consente la permanenza di
 siffatto potere ed  essa,  contrariamente  a  quanto  asserito  nella
 circolare   de   qua,   esplica   notevole   rilevanza   in  tema  di
 legittimazione, giacche'  il  riconoscimento  della  persistenza  nel
 commissario  della funzione amministrativa della tutela dell'ambiente
 connesso alla destinazione civica del  bene,  comporta  che  egli  ha
 conservato la funzione amministrativa di concedere le legittimazioni.
   La  stessa  Corte  di  cassazione nel recepire tali principi con la
 sentenza sez. un. 12 dicembre 1995, n. 12.719 ha statuito che  l'art.
 29,  secondo  comma  anzidetto  nel  testo  risultante dalla parziale
 dichiarazione di incostituzionalita' come sopra  accennato,  continua
 ad   attribuire   al  commissario  agli  usi  civici  anche  dopo  il
 trasferimento  alle  regioni  con  decreto   del   Presidente   della
 Repubblica   n.   616/1977  delle  funzioni  amministrative  previste
 dall'art.  66,  il  potere  di  esercitare   d'ufficio   la   propria
 giurisdizione  ai fini dell'accertamento della demanialita' dei beni,
 sicche' debbono considerarsi  superate  le  argomentazioni  contenute
 nella  sentenza  n.  12158/1993  richiamata  dalla  circolare  de qua
 secondo cui "al procedimento  di  legittimazione  resta  estraneo  il
 commissario il quale perde ogni funzione amministrativa in precedenza
 attribuitagli e mantiene solo il potere giurisdizionale".
   Invece,   permane,  nel  commissario,  secondo  la  sentenza  della
 Consulta non solo la funzione amministrativa di tutela  dell'ambiente
 connesso  alla destinazione di uso civico del bene mediante il potere
 di esercitare anche di ufficio la  propria  giurisdizione,  ma  anche
 quello  di  concedere  la legittimazione come prescritto dall'art. 10
 legge  n.  1766/1927,  da  considerarsi  secondo  la  dottrina  legge
 costituzionale.
   In altri termini, se lo stesso giudice di legittimita' riconosce la
 permanenza nel commissario dell'esercizio di funzioni amministrative,
 e'  irragionevole  limitarle solo alla procedibilita' d'ufficio delle
 controversie da parte del commissario e non estenderle  alla  materia
 delle  legittimazioni  di  cui  al  cennato art. 10, come pretende il
 Ministero della giustizia con la circolare in  esame.  La  permanenza
 nel  commissario  dei  poteri  amministrativi si estende, quindi, per
 effetto della evoluzione giurisprudenziale  della  giurisprudenza  di
 sopra accennati, a tutte le materie previste dalla suddetta legge.
   Ed  e'  intuitivo  il  motivo per il quale le legittimazioni furono
 escluse dal trasferimento alle regioni, trattandosi di  provvedimenti
 oltremodo  delicati  per  le  conseguenze  che  comportano,  quali la
 trasformazione del demanio in allodio, cioe' in un fondo privato, nel
 senso che l'abusivo occupatore di esso diventa titolare di un diritto
 soggettivo  perfetto  di  proprieta'  originario,  con  pienezza   di
 facolta'.
   Evidente   e'   pure  la  violazione  degli  artt.  9  e  24  della
 Costituzione, avendo la  Corte  costituzionale  riconosciuto  valenza
 ambientale  ai beni civici e, quindi, l'interesse, costituzionalmente
 garantito,   della   collettivita'   generale   alla    conservazione
 dell'ambiente,  a tutela del quale le zone gravate dai diritti di usi
 civici sono sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi  della  legge
 29 giugno 1939, n. 1497, art. 1, lett. H legge 8 agosto 1985, n. 431.
   Ne  consegue che l'affidamento alla regione del potere di concedere
 le legittimazioni viola siffatto interesse perche'  lede  il  diritto
 dei  cittadini di opporsi ad esse in quanto, mentre il regolamento di
 esecuzione della legge 16 giugno 1927, n. 1766 approvato con r.d.  26
 febbraio 1928, n. 332 detta  precise  norme  circa  le  modalita'  di
 istruzione delle domande di legittimazione (cfr. tra gli altri l'art.
 31  "il  commissario provvedera' a norma di legge sulle opposizioni e
 sulle domande di legittimazione") che la giurisprudenza del Consiglio
 di Stato ha ulteriormente  specificate  (cfr.  sentenze  sez.  6,  11
 febbraio  1966  e  16  maggio  1972, n. 244 e 27 aprile 1979, n. 315)
 prescrivendo  in  ogni  caso  la  garanzia  del  contraddittorio  nei
 riguardi  degli  occupatori interessati alla legittimazione, nulla, a
 quanto consta, e' stato stabilito al riguardo dalla regione  Abruzzo,
 deputata a concedere solo "l'intesa" cui la circolare ministeriale in
 questione  attribuisce,  invece, inopinatamente sic et sempliciter il
 potere di concedere essa siffatto beneficio.
   L'interpretazione del giudice di  legittimita'  viola,  infine,  il
 principio  generale  sancito  dall'art. 97 della Costituzione secondo
 cui nell'ordinamento  degli  uffici  sono  determinate  le  sfere  di
 competenza,   le   attribuzioni  e  le  responsabilita'  proprie  dei
 funzionari,  giacche'  sottrae   del   tutto   irragionevolmente   al
 commissario  una competenza riconosciutagli da un preciso disposto di
 legge e di regolamento ribadito  dal  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica  n. 616/1977 i cui artt. 69 e 71 interpretati alla stregua
 dei sopracitati pareri del Consiglio di Stato,  hanno  conservato  al
 commissario  il  potere di concedere le legittimazioni. Cio' e' tanto
 vero che nelle regioni nelle quali le legittimazioni  sono  state  ad
 esse trasferite, sono state emanate apposite leggi.
   Non   ignora   il   ricorrente,   da   ultimo,  che  l'on.le  Corte
 costituzionale, con la sentenza  n.  46/1995  e  con  l'ordinanza  n.
 11/1995,    ha   dichiarato   l'inammissibilita'   e   la   manifesta
 inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale degli
 artt. 66, 71 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; 9, 10 legge n.  1766/1927
 e  30,  31  regolamento  approvato con r.d. 26 febbraio 1928, n. 332,
 sollevata da questo commissario in riferimento agli artt. 3,  24,  97
 della Costituzione.
   La   particolarita'   della   controversia   che   ha   dato  luogo
 all'incidente di costituzionalita' e la  diversita'  dei  presupposti
 nonche'  l'evoluzione  giurisprudenziale  della  Corte  di cassazione
 circa la permanenza nel commissario, delle funzioni amministrative in
 materia di usi civici, in esse ricomprese, pertanto, quelle  relative
 alla  legittimazione,  con  il  conseguente superamento del principio
 affermato con  la  sentenza  n.  12158/1993,  non  essendo  stato  il
 commissario  privato,  per le ragioni su esposte, "di ogni competenza
 amministrativa",  giustificano  la  ulteriore  prospettazione   della
 questione.
   Nella  specie,  infatti,  il  giudicante e' stato investito in sede
 giurisdizionale di una domanda di legittimazione (proposta quando gli
 opponenti hanno visto ribadire dal C.T.U. le ragioni  che  convincono
 della  natura demaniale civica universale delle terre abusivamente da
 essi occupate) e d'altra parte tale domanda ha una natura  del  tutto
 particolare.  Infatti  sono  devolute al commissario le contestazioni
 attinenti a diritti, come quelle  che  investono  i  presupposti  del
 potere di legittimazione, ossia l'appartenenza delle terre al demanio
 civico  e  l'abusivita'  delle occupazioni (Cass. 7 febbraio 1991, n.
 1275).
   In piu' il provvedimento di legittimazione genera nel  beneficiario
 un  diritto  di  natura  reale  sul  bene,  con pienezza di facolta',
 comportando la conversione del demanio  in  allodio,  sicche'  se  ha
 indiscutibile    natura    amministrativa    il    procedimento    di
 legittimazione, non e' detto che tale natura abbia quest'ultima,  nel
 senso, che la stessa nasce come atto amministrativo, ma si trasforma,
 subito  dopo,  in  atto di natura giurisdizionale per gli effetti che
 produce tra le parti - come si e' di  sopra  esposto  -,  costituendo
 titolo  di  proprieta'  e  di  possesso  del  beneficiario  valido ed
 opponibile erga omnes.
   Le  osservazioni  che  precedono  convincono  della  non  manifesta
 infondatezza      delle      questioni     di     incostituzionalita'
 dell'interpretazione data agli artt. 66 e 71 decreto  del  Presidente
 della Repubblica n. 616/1977 dalla Corte di cassazione a sez. un. con
 la  sentenza  n. 12158/1993, in relazione agli artt. 3, 24 e 97 della
 Costituzione, per cui il presente giudizio  deve  essere  sospeso  ai
 sensi  dell'art.  25  legge  n. 87/1953 e gli atti rimessi alla Corte
 costituzionale.